Zilberstein & Meneses: insieme, naturalmente insieme.

di Francesco Milella

Due storici Chigiana Legends, Lilya Zilberstein e Antonio Meneses, ci invitano a guardare alla musica come dialogo e interazione tra interpreti e le loro rispettive culture. Dal Brasile alla Russia per finire con il Romanticismo tedesco: un percorso tra spazi e tempi diversi alla ricerca di uno spazio naturale di interazione comune. 

Tomorrow (8th of July, 9.15 pm), at San Agostino Church in Siena, Lilya Zilberstein (piano) and Antonio Meneses (cello) will bring us through different spaces and times of our musical culture (Brasil, Russia and Romantic Germany) to shed a new light on social gestures between performers towards the construction of a shared place of musical interaction.


Out of nature ci parla di luoghi e paesaggi, di spazi e delle loro metamorfosi musicali dove la natura – ora reale, ora immaginata e sognata- dialoga con gli universi sonori della nostra modernità e della nostra storia. Ma Out of nature guarda anche a noi, figli di questa natura, riaffermando i gesti della nostra socialità, del nostro essere naturalmente portati, come voleva Aristotele, al dialogo e alla compagnia, in una fertile tensione verso l’altro. Ed è proprio qui che ci porteranno questa sera Lilya Zilberstein e Antonio Meneses, due leggende dell’Accademia Chigiana, per ripensare la musica come atto di interazione non solo fra due strumenti (pianoforte e violoncello) ma anche fra due interpreti: due umanità diverse, due personalità forti, portatrici di sguardi, esperienze e culture fra loro distanti ma non lontane. Da qui inizierà il loro dialogo antropico e musicale, prima nell’affermazione dei rispettivi caratteri, unici e irripetibili, per poi conversare su compositori e culture comuni e condivise.

Partiremo infatti dal Brasile, patria di Antonio Meneses, con la Pequena Suite per violoncello e pianoforte, capolavoro giovanile del compositore che, più di ogni altro, ha saputo interiorizzare e interpretare le molteplici identità della nazione sudamericana: Heitor Villa-Lobos (1887-1959). Composta nel 1913, questa Suite rappresenta il primo slancio di maturità del giovane compositore (allora acclamato violoncellista, prima di dedicarsi al sassofono e al pianoforte) verso una più profonda integrazione fra tradizione europea e brasiliana contro ogni forma di eurocentrismo culturale. In sei brevi movimenti (Romancette. Molto lento; Legendária. Allegretto; Harmonias soltas. Moderato; Fugato ‘all’antica’. Allegro; Melodia. Andantino; Gavotte-Scherzo. Tempo de Gavotte – Più mosso – Allegro vivace) Villa-Lobos dipinge un paesaggio sonoro di grande suggestione dove forme e linguaggi dell’Europa novecentesca (vapori musicali a la Debussy si mescolano con fughe di bachiana memoria che sembrano custodire già il seme delle celebri Bachianas Brasileiras composte nel decennio 1932-1942) dialogano con sfumature fluide e sinuose dei ritmi della costa brasiliana, terra comune di Villa-Lobos e Meneses, nati rispettivamente a Rio de Janeiro e Recife.

Con Lilya Zilberstein torneremo invece in Europa per volgere il nostro sguardo ai suoi estremi orientali (Russia e regioni dell’est) e precisamente a Mosca, città natale dell’artista, attraverso la musica di uno dei suoi compositori più rappresentativi, seppur spesso dimenticati, del Novecento: Moisej Samuilovič Vajnberg/Mojsze Weinberg (1919 – 1996). La traiettoria di Weinberg, come purtroppo quella di molti suoi coetanei, dovette a lungo subire il peso e le aggressioni, prima, della presenza tedesca in Polonia (Weinberg, di origine ebraica, era nato a Varsavia) e, poi, delle pressioni della dittatura stalinista in Russia dove il compositore si era trasferito per sfuggire all’avanzata dei nazisti. La Sonata per violoncello e pianoforte op. 21 in programma questa sera si colloca alla fine di questo lungo percorso di sofferenza fisica ed emotiva, essendo stata composta nel 1954, alla fine del conflitto bellico. Le sue pagine, divise in due movimenti, sono continuamente pervase da un tono malinconico e inquieto da cui traspare non solo il dolore privato del compositore (per Weinberg la fine della guerra segnava l’inizio di una vita in declino: l’invasione nazista aveva ucciso gran parte della sua cerchia familiare, mentre i sovietici lo avevano allontanato da ogni carica politica e culturale a causa del suo eccessivo formalismo) ma anche le ferite passate e presenti, ma sempre aperte, della Russia intera.

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Nella seconda parte del concerto questo percorso profondamente personale, spesso legato ad esperienze intime e giovanili dei due solisti, cederà invece il posto ad un diverso dialogo su un terreno musicale condiviso. Dopo aver definito le loro identità, rispettivamente brasiliana (Meneses) e russa (Zilberstein), i due solisti cercheranno infatti uno spazio comune di interazione musicale guardando alla Germania romantica e tardo romantica di Robert Schumann e Richard Strauss: un luogo ideale, quasi neutro e culturalmente equidistante sia dalla Russia che dal Brasile, dove le loro identità artistiche potranno finalmente comunicare sullo stesso livello senza più essere l’uno “ospite” dell’altro. I Phantasiestücke op. 73 di Schumann (1810-1856), composti nel 1849, anno tra i più fecondi della traiettoria musicale del compositore, appartengono ad una dimensione privata e, dunque, destinata ad allietare le riunioni e feste di Schumann e della consorte Clara durante gli anni trascorsi a Dresda. Questa finalità così marcatamente conviviale ne definisce il linguaggio spensierato e leggero, sempre curato e attento, ma certo lontano dal tormentato e introspettivo sinfonismo delle sue composizioni più note: uno degli ultimi momenti di serenità prima del crollo definitivo verso la follia e la morte. Con la Sonata per violoncello e pianoforte n. 6 ci spostiamo invece nella Baviera di fine secolo dove il giovane Richard Strauss (1864 – 1949) inizia a compiere i suoi primi passi da compositore. La sonata fu composta nel dicembre del 1883. Wagner era morto a febbraio dello stesso anno e Brahms aveva appena presentato la sua Sinfonia n. 3: l’ambiente musicale in cui nasce questa sonata è dunque ancora pregno di odori ottocenteschi, slanci melodici e un’espressività di grande respiro dove ancora forte è l’ombra dei gesti dell’ultimo Beethoven.

Io e l’altro, insieme: forse è così, con meno parole ma più suggestioni, che possiamo immaginare il percorso che domani sera (8 luglio, Chiesa di Sant’Agostino, ore 21.15) Lilya Zilberstein e Antonio Meneses proporranno al pubblico del Chigiana International Festival & Summer Academy 2019. Definirsi l’un l’altro, presentare sé stessi e il proprio mondo per poi procedere in sintonia, suonando e ascoltando reciprocamente quello che l’altro ha da dire e da raccontare di sé su terreni condivisi. È questa la socialità della musica, l’arte del suono come momento di comunione per raccontarsi e stare insieme, naturalmente insieme.